Una ineludibile questione di tattica

image_book.php_ copiaL’articolo del Compagno Tiziano Antonelli‭ ‬“Per la libertà del sindacato o per la libertà dei lavoratori‭?” ‬(Umanità nova del‭ ‬29/01/2017‭) ‬introduce alcune questioni sulle quali vorrei avviare una riflessione.
Premesso che quella del tradimento è una categoria politica le cui implicazioni sconsigliano l’utilizzo,‭ ‬l’affermazione secondo la quale gli anarchici sarebbero gli unici a portare sul posto di lavoro‭ ‬“la prospettiva della rivoluzione sociale‭”‬ è troppo arbitraria per essere spesa con successo in ambiti diversi da quelli del nostro movimento.
Vie e mezzi
La prospettiva rivoluzionaria che persegue gli interessi storici delle classi subalterne e attiene alla strategia dell’organizzazione sindacale ma anche,‭ ‬va detto,‭ ‬a quella dell’organizzazione politica,‭ ‬è questione troppo complessa per essere risolta anteponendo le nostre migliori intenzioni alla realtà sociale.‭ ‬Questo perché‭ ‬la difesa degli interessi storici delle classi subalterne s’intreccia con la difesa degli interessi immediati di queste,‭ ‬concretandosi nella concezione estensiva del sindacato dei lavoratori opposta,‭ ‬per funzioni,‭ ‬ruoli e obbiettivi a quella restrittiva e corporativa del sindacato‭ ‬“per i lavoratori‭”‬,‭ ‬perseguita dai sindacati concertativi.‭
In ogni caso all’interno del movimento sindacale,‭ ‬inteso nella sua accezione più ampia,‭ ‬vi sono minoranze che hanno ben presente la necessità di costruire un sindacato più rappresentativo e che verso questa prospettiva orientano la loro azione.‭ ‬Queste minoranze sono costituite da svariate migliaia di compagne e compagni presenti anche nella CGIL,‭ ‬sia pure ridimensionate rispetto a stagioni migliori.‭
Queste minoranze sono politicamente eterogenee e tra di esse non si sventola la bandiera rossa e nera dell’anarchia,‭ ‬ma si ascoltano con rinnovato interesse i richiami al sindacalismo libertario,‭ ‬alle sue pratiche e alla necessità per far sì che‭ ‬“…i lavoratori sentano il sindacato come un proprio strumento‭…”‬,‭ ‬come giustamente afferma il compagno Antonelli nel sopra citato articolo.‭
Il problema allora è capire perché l’anarchismo non riesce a intercettare queste minoranze che‭ ‬“muovono la storia‭”‬ e costituiscono il migliore veicolo per accedere alla grande massa delle lavoratrici e dei lavoratori.‭
Quali sono,‭ ‬quindi,‭ ‬le vie e i mezzi opportuni con i quali è possibile entrare in sintonia con queste realtà del mondo del lavoro‭? ‬È certamente una questione di programma,‭ ‬ma inquadrata in una dimensione tattica però,‭ ‬dalla quale il compagno Antonelli mi pare prescinda.‭ ‬Questa omissione ha le sue conseguenze che consistono,‭ ‬a mio avviso,‭ ‬nella marginalità che l’anarchismo pare rassegnato a svolgere all’interno del mondo del lavoro.‭
In questa valutazione critica sullo stato dell’anarchismo non mi sfuggono certo i contenuti libertari,‭ ‬talvolta rilevanti,‭ ‬che percorrono la realtà sociale e secondo i quali l’anarchismo parrebbe godere buona salute.
Però,‭ ‬analizzando questi contenuti,‭ ‬se da una parte riceviamo la conferma delle nostre ragioni dobbiamo,‭ ‬dall’altra,‭ ‬riconoscere anche le difficoltà che l’anarchismo manifesta nel trovare interlocuzioni sociali concrete da porre alla base della propria strategia rivoluzionaria,‭ ‬perché nella dinamica del conflitto tra capitale e lavoro si pesa per quello che si esprime socialmente.‭
Ciò presuppone il radicamento nostro,‭ ‬non solo nella società in generale ma anche nella classe medesima:‭ ‬un radicamento che,‭ ‬rimanendo nella dimensione sindacale,‭ ‬appare alquanto fragile proprio perché,‭ ‬oltre gli enunciati,‭ ‬non è efficacemente praticata l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori,‭ ‬la più ampia possibile,‭ ‬da realizzarsi in base alla difesa dei loro interessi immediati.‭
Evolversi dall’arroccamento
Invece l’anarchismo si è arroccato,‭ ‬decidendo di giocare la partita in casa propria e su terreni sindacali ritenuti ad esso più consoni.‭ ‬Ciò si è realizzato in base a un diffuso senso di opportunità,‭ ‬che ha spinto ad agire per comunanza ideologica anziché per necessità tattica.‭
Questa scelta,‭ ‬che si è configurata come una scorciatoia rispetto alle diffuse tendenze riformiste che ancora esercitano il proprio ruolo di comando,‭ ‬ha progressivamente sostituito alla concreta realtà di classe con tutte le sue contraddizioni,‭ ‬alcuni comportamenti di avanguardia i quali,‭ ‬rappresentando la cuspide del movimento sindacale,‭ ‬esprimono contenuti non generalizzabili a contesti più ampi.‭
Quest’ultima considerazione non intende sottovalutare le esperienze più avanzate del conflitto:‭ ‬al contrario,‭ ‬esse devono essere difese nella loro reale estensione per quanto concerne gli obiettivi e i metodi di lotta espressi.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬è essenziale riconoscere che la difesa di queste esperienze e la loro generalizzazione può avvenire solo in un vasto processo di unità delle lotte che nell’attuale fase di sconfitta si manifesta in modo discontinuo:‭ ‬questo processo deve essere ricostruito prestando grande attenzione ai livelli reali dei rapporti di forza tra capitale e lavoro,‭ ‬che in questa fase tirano nel senso del capitale e,‭ ‬al riguardo,‭ ‬svolgo due esempi.
Primo esempio:‭ ‬l’intervento che alcune organizzazioni del sindacalismo di base stanno efficacemente conducendo in importanti settori quali la logistica,‭ ‬esprime la tendenza per la quale i contenuti avanzati di una lotta tendono a rimanere limitati al terreno vertenziale e categoriale:‭ ‬si sviluppano cioè‭ “‬a macchia di leopardo‭” ‬ e non trovano collegamenti significativi con altre realtà territoriali anche nei medesimi settori di riferimento,‭ ‬a riprova che la rete sulla quale si ritiene di costruire un processo di unità di classe non riesce a estendersi ad altri settori che,‭ ‬certamente più arretrati ma maggioritari,‭ ‬continuano a subire passivamente il comando riformista o i vasti processi di desindacalizzazione.‭
Secondo esempio:‭ ‬si può e si deve essere critici nei confronti della FIOM,‭ ‬i cui gruppi dirigenti hanno rappresentato,‭ ‬almeno fino agli anni‭ ’‬80‭ ‬del novecento,‭ ‬l’essenza del sindacalismo riformista con tutte le implicazioni negative del caso che si allungano fino a oggi:‭ ‬ma quando la FIOM intraprende un percorso che sposta la categoria su posizioni più avanzate gli anarchici non dovrebbero,‭ ‬così come è stato,‭ ‬scartare a priori l’ipotesi di intervenirci dentro.‭ ‬Non si è fatto,‭ ‬e si è persa una preziosa occasione di crescita perché la scelta di intervenire in altre e più qualificate istanze del sindacalismo di base,‭ ‬per altro in ordine sparso,‭ ‬ha prodotto risultati irrilevanti.‭
Il processo di unità di classe è per sua natura dinamico,‭ ‬caratterizzato cioè da comportamenti sociali differenziati e contraddittori che devono essere colti nella loro interezza,‭ ‬anche quando si distaccano dai contenuti nostri,‭ ‬il che si verifica nella stragrande maggioranza dei casi:‭ ‬per cui‭ ‬“la questione riformista‭” ‬non è suscettibile di essere aggirata con qualche tentativo particolare sia pure significativo,‭ ‬ma è necessario un salto di qualità.
È necessario iniziare a gettare ponti tra le varie esperienze di lotta inevitabilmente caratterizzate da cuspidi e declini,‭ ‬per evitare che le esperienze più avanzate,‭ ‬ma minoritarie,‭ ‬procedano da sole esaurendosi nell’isolamento e che le altre,‭ ‬più arretrate e maggioritarie,‭ ‬continuino a subire la subalternità al riformismo,‭ ‬per altro espandendosi.‭
Unire e non divaricare le rive
Ho già affermato che,‭ ‬al riguardo,‭ ‬la questione è eminentemente tattica e la esprimo in tutta chiarezza:‭ ‬l’anarchismo non è stato evidentemente in grado di sfruttare le diffuse opportunità che l’opposizione interna alla CGIL ha presentato in questi ultimi venticinque anni,‭ ‬liquidandola senza appello come un terreno inquinato‭ ‬“dal veleno riformista‭”‬,‭ ‬pagando il prezzo elevatissimo di rinunciare volontariamente all’interlocuzione con decine di migliaia di lavoratrici e di lavoratori che si erano spostati su posizioni di classe.
Ci si è invece rivolti a compagne e compagni impegnati a costruire una strategia e una prassi sindacale sulla quale costruire l’opposizione ai piani del capitale:‭ ‬ma in virtù della scarsa consistenza delle organizzazioni sindacali non confederali questa via non può essere efficacemente perseguita perché alla fine contano i numeri,‭ ‬e siccome i numeri non ci sono si dirotta verso la difesa degli interessi dei lavoratori da realizzarsi attraverso la costruzione di quel sindacato di classe costantemente enunciata,‭ ‬ma che la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori ignorano,‭ ‬non ostante alcune eccezioni che però non spostano la sopraddetta‭ ‬tendenza generale al disinteresse.
Non credo che nessuno possa richiedere passi indietro a qualcun altro:‭ ‬ma la definizione di una tattica di intervento sindacale adeguata alla reale condizione di classe,‭ ‬una tattica che si emancipi dall’autoreferenzialismo,‭ ‬deve essere posta in essere con urgenza fuori e dentro alla CGIL.‭
Le compagne e i compagni che all’anarchismo fanno riferimento,‭ ‬e che agiscono all’interno delle organizzazioni sindacali esistenti,‭ ‬dovrebbero quindi tendere a gettare ponti visibili tra le loro diverse esperienze sindacali anziché impegnarsi attivamente a divaricare le rive,‭ ‬così come da troppo tempo sta accadendo all’interno del movimento anarchico.
D’altronde la mancanza del senso della realtà che ancora perdura‭; ‬il rifugiarsi nelle sicurezze rivoluzionarie adamantine che però rimangono patrimonio di gruppi ristrettissimi‭; ‬il rinunciare al confronto con quelle diffuse realtà di classe che si muovono anche in ambiti molto distanti dall’anarchismo come nell’odiatissima CGIL,‭ ‬per la quale si antepone la caricaturizzazione all’analisi della sua concreta funzione sociale,‭ ‬tutto questo costituisce la riprova di un ritardo dell’anarchismo:‭ ‬un ritardo‭ ‬che è urgente superare e‭ ‬che l’articolo del compagno Antonelli ha il pregio di esprimere con grande efficacia.‭
Giulio Angeli
 

Related posts